Notav – NoGronda – M5S : il pericoloso gioco dell’oca che porta al collasso il Paese. la storia troppo “simile” del Ponte Morandi a Genova e del Traforo del Frejus in Valsusa
In questi giorni di smarrimento, di rabbia e di dolore per la tragedia di Genova, una sciagura incomprensibile ed inaccettabile che poteva toccare a ciascuno di noi, è necessario ed utile non unirci alla pratica impropria della ricerca del colpevole, pronunciando sentenze e condanne che toccheranno solo alla magistratura, ma iniziare a ragionare sui mali e sui rimedi.
Quindi su come evitare la prossima sciagura (stradale o ferroviaria) dotando il paese di una rete di infrastrutture rinnovate e sicure.
Qualche prima considerazione è possibile già farla oggi.
Il crollo del viadotto Morandi è semplicemente la somma di numerose concause e sottovalutazioni che hanno portato al tragico epilogo finale:
- il Ponte Morandi concepito negli anni ’60, progettato per una “vita utile” di 50 anni, è stato uno dei primi grandi ponti costruiti al mondo con strutture precompresse in cemento armato; come tutti i “prototipi” ha contribuito a rivoluzionare il mondo dell’ingegneria. Ma i decenni successivi hanno rilevato notevoli problemi, non previsti in fase progettuale, dovuti anche alle caratteristiche dei materiali utilizzati e che hanno riguardato non solo l’impalcato ma l’intera struttura. Tali problemi noti da tempo, comuni a tutte le strutture analoghe della stessa epoca, hanno reso necessario in passato importanti lavori di manutenzione straordinaria, lavori di rinforzo e la realizzazione di un sistema di monitoraggio (che ha dimostrato drammaticamente di non essere adeguato).
- Per tutte queste ragioni il ponte, ormai alla fine della sua vita utile, ha avuto elevati costi di manutenzione, che avevano ormai praticamente superato il costo di realizzazione parametrato a oggi
- il ponte, come praticamente tutte le strutture dell’epoca, era dimensionato per un traffico e di molto inferiore a quello registrato oggi (si dice 1/5 dell’attuale); nessuno poteva prevedere i carichi e i volumi di traffico cui sarebbe stato sottoposta la struttura e soprattutto quali sarebbero stati gli effetti usuranti sulla stessa.
Sulla stabilità del ponte, sulla sicurezza degli stralli, sulle misure di monitoraggio dovranno essere accertate le responsabilità e le inadempienze del concessionario autostradale.
Il ponte, se pericoloso, andava chiuso e demolito. Su questo non c’è scusa che tenga. Ma senza dubbio, il ponte andava anche sostituito.
E qui esiste una responsabilità oggettiva di chi ha “lavorato” per anni, in ogni modo per fermare, rallentare, ritardare, impedire una sua sostituzione e che oggi pronuncia condanne e si chiama fuori.
L’allarme per un rischio crollo è del 2012 e a lanciarlo fu Giovanni Calvini, allora presidente di Confindustria Genova. L’alternativa al ponte era la “Gronda di Genova“, una struttura ampiamente dibattuta che avrebbe permesso di alleggerire il traffico sul ponte. Ovviamente era già nato un comitato NoGronda (gemello poi dei NoTerzoValico peraltro) che, nel tempo, trovò la sua naturale espressione nel Movimento 5Stelle, il movimento dei NO. Nel tempo si rimpallavano progetti e dinieghi, sino ad arrivare alla stesura definitiva dal costo superiore ai 5 miliardi di euro, quasi il doppio di quanto costa all’Italia il Tunnel di Base del Moncenisio.
All’allarme di Calvini, sempre nel 2012, rispondeva – nel consiglio comunale di Genova – il consigliere grillino Paolo Putti che, rispetto alla Gronda, dichiarava: “ci sono anche quegli imprenditori che io, credo, fra 10 anni, andranno a chiedere come mai si sono sperperati 5 miliardi di euro che si potevano utilizzare per fare delle cose importanti per l’industria. […] A noi Autostrade, in quest’aula, ha detto che per altri 100 anni può stare in piedi “.
E ogni comitato per il NO che si rispetti deve far sua la frase: “progetto inutile, dannoso e non necessario”. A maggio 2016, nel dibattito pubblico a Genova, sul tema infrastrutturale Alice Salvatore (Portavoce M5S in Liguria) dichiarava: “Come un pugile suonato, il sindaco Doria [n.d.a. indipendente, ma sostenuto da Sinistra, ecologia e libertà] prende atto a distanza di 5 anni di come la Gronda sia un progetto inutile, dannoso e non necessario, come il Movimento 5 Stelle ripete da sempre“.
L’epilogo del tutto tragico lo conosciamo e non merita ulteriori commenti.
Ma quanto accaduto a Genova nella sciagurata sequenza “Ponte Morandi – NO Gronda – Crollo del Ponte” ha delle analogie con quanto succede da tempo anche (e non solo) in Valsusa per la cosiddetta TAV.
Anzi forse la TAV costituisce proprio il laboratorio dei NO (X), dove X sta per TAV, GRONDA, TERZO VALICO, ecc. .
Cerchiamo di spiegare cosa accumuna le diverse strategie del NO (X)
- La strategia del Movimento NO (X) è sempre quella di fermare, rallentare, ritardare, impedire in ogni modo e la realizzazione di un opera pubblica strategica: quindi le grandi opere per definizione “cattive”.
Ogni infrastruttura ha effetti positivi e produce consenso per chi l’ha realizzata, ma questo succede solo quando entra in funzione ed è “digerita” dalla popolazione. Diventa insomma una abitudine, una parte del proprio territorio e del paesaggio. Nella fase di progettazione, decisione e di cantiere, qualsiasi opera, anche la più bella e la più utile, ispira diffidenza e rifiuto. E’ quindi molto facile cavalcare od indurre paure irrazionali per trasformare il disagio e le paure delle popolazioni più direttamente coinvolte in dissenso “organizzato” e su questo produrre consenso elettorale e sociale. Beppe Grillo ed il M5S hanno per questa ragione cinicamente cavalcato tutte le istanze di opposizione alle opere, e costruito sul NO (evoluzione del VAFFA!) la loro piattaforma politica.
2. L’obiettivo di “fermare, rallentare, ritardare, impedire” viene perseguito in Valle di Susa, così come per il Terzo Valico, o per la Gronda Autostradale di Genova operando sotto un’unica regia e su più livelli:
- ovvero le “barricate di carta”: si ricorre in ogni sede contro tutto e contro tutti gli atti fidando che nel mucchio qualche atto non sia perfetto o qualche tribunale accolga il ricorso ed una sospensiva arrivi
- il livello tecnico e pseudo-scientifico: occorre trovare qualcuno disposto a sostituire il principio di “precauzione” con quello di “presunzione” e a diffondere opinioni discutibili come fossero verità rivelata. Qualche esperto “militante”, meglio se universitario, si trova sempre disponibile a diffondere allarmi su qualsiasi tema – rumore, ambiente, salute, costi – spacciandoli per “scienza”. La diffusione via social fa il resto: nell’epoca delle fake-news non importa se le notizie vendute come scienza siano inverosimili, smentite o infondate
- Il livello militare e dello scontro: serve per attaccare il cantiere e/o il lavori preliminari (sondaggi, perimetrazioni, ecc.) e tenere sotto pressione lavoratori e Forze dell’Ordine. E’ fondamentale per causare ritardi, aumentare i costi, rendere più pesante e mediatico il conflitto. Mettere su un esercito è complicato. Meglio utilizzarne uno già pronto, arruolato con lo slogan “siamo tutti black blok”. Nel gruppo ci sta di tutto; gli ex terroristi, gli anarchici, la rete dei centri sociali ed alla bisogna persino di ultrà da stadio. Naturalmente serve una logistica, vanno nutriti ospitati ed addestrati (il campeggio estivo risponde a questo scopo); nel “patto sottoscritto” c’è anche l’assistenza legale di un legal team militante) con l’obiettivo di unificare la strategia difensiva per farsi riconoscere in tribunale una qualche “motivazione sociale” per i reati compiuti
- Il livello mediatico-propagandistico che veicola falsi miti e narrazioni (dal villaggio di Asterix, alla “nuova resistenza”) e testimonial (attori, cantanti, scrittori nostalgici della rivoluzione, intellettuali orfani del ’68 e del ‘77) in una narrazione esterna “agiografica ed autoreferenziale” utili a riscriversi (ed aggiustarsi) la storia, magari con il contributo degli Erri De Luca o dei mitologici WU MING.
Tutte le strategie e le azioni servono a creare consenso (anche elettorale) ma soprattutto a produrre ritardi, far lievitare i costi (quelli della sicurezza), a far perdere finanziamenti; paradossalmente sono gli stessi soggetti che hanno prodotto tali problemi (NOTAV e M5S) a denunciare ai media e sui social i ritardi e la “inefficienza dei promotori”. Come se Jack lo Squartatore accusasse le sue vittime di aver sporcato di sangue il pavimento.
3. Per il Movimento NO (X) esiste come unica opzione il NO. La piattaforma del NO non è mai trattabile e non è mai possibile una soluzione “migliorativa” del progetto (mai MEGLIO TAV) : quando in Valle di Susa è stata accolta dall’Osservatorio la proposta formulata dai Comuni NOTAV di utilizzare oltre 24 km della Linea Storica, il movimento ha rifiutato sdegnosamente la proposta, ed ha epurato coloro che avevano accettato un dialogo sui contenuti e sul merito con il progetto FARE. Per questa ragione NOTAV e M5S rifiutano e combattono tutti i “luoghi di confronto” (ad esempio l’Osservatorio, tavoli territoriali , ecc.) che potrebbero trovare soluzioni tecniche condivise, ridurre il conflitto e quindi migliorare e rendere accettabile il progetto;
4. Il Movimento No (X), utilizza ovunque lo stesso slogan, ripetuto oggi dagli stessi ministri grillini: il “progetto inutile, costoso, dannoso e non necessario“; slogan ripetuto come un mantra a cui vengono contrapposti i “cosiddetti” progetti utili; nel caso delle infrastrutture strategiche vengono generalmente proposti “cerotti” su manufatti vetusti e/o “moribondi”, ormai inutilizzabili e che quindi necessitano di una inderogabile sostituzione
5. Il Movimento No (X) cerca e spesso trova alleati nei sostenitori della status quo, o “sinergie” in portatori di interessi contrapposti, che non hanno vantaggi che le cose cambino. In Valsusa ad esempio le lobbies autostradali e del trasporto su TIR. Negli anni 2011, durante gli scontri più violenti in valle, la società concessionaria autostradale SITAF ha costruito al Frejus una galleria transfrontaliera di 13 km, con la stessa tecnologia della “TAV”, nella stessa montagna che – secondo i NOTAV – avrebbe dovuto contenere amianto, uranio, radon e ogni altra diavoleria. Il tutto nel totale e compiaciuto silenzio di NOTAV e Movimento5Stelle che a pochi kilometri di distanza scatenavano la guerra contro il treno.
E la stessa cosa pochi anni prima era accaduta sotto lo stesso massicciocon la Centrale IREN in caverna di Pont Ventoux, opera con circa 20 kilometri di gallerie, (14 solo il tunnel principale) da Oulx a Venaus (proprio davanti al “presidio”Notav!) ed un invaso da ½ milione di m3 in Val Clarea a 1.100 metri di quota, esattamente sopra al viadotto autostradale sotto il quale c’è il Cantiere TELT di Chiomonte. Il che è perlomeno “curioso”.
Guardacaso poi il nuovo studio farsa su costi/benefici sulla Torino-Lione (la cosiddetta TAV) in Valsusa è stato commissionato dal Ministro Toninelli, alla faccia della dichiarata “terzietà ed indipendenza”, ad uno degli storici testimonial NOTAV, il professor Marco Ponti, che ha messo insieme una squadra di “esperti” NOTAV della prima ora; Ponti e gran parte della squadra non fanno certo mistero dell’odio condiviso per il trasporto ferroviario in genere, e dell’amore viscerale per il trasporto su TIR. Una partita maldestramente truccata.
6. il Movimento No(X) – alias M5S, ha sempre ampiamente sottaciuto il problema della obsolescenza, della sicurezza e della funzionalità delle vecchie infrastrutture. Questo anche nella Valle di Susa dove nasconde lo stato effettivo della vecchia linea e del tunnel del Frejus.
Su Veritav più volte è stato affrontato questo argomento ed è stato evidenziato che la “sicurezza” ferroviaria sulla linea storica del Frejus viene oggi garantita da RFI solo introducendo il divieto di incrocio tra treni e quindi riducendo enormemente la sua capacità e quindi il numero di treni che possono transitarvi. Quindi se nessun treno percorre il tunnel, la sicurezza è ottima.
D’altronde cosa è possibile pretendere dal più vecchio ed obsoleto tunnel delle Alpi, costruito 150 anni fa, con le tecnologie e per il trasporto ferroviario del XIX secolo e per questo assolutamente privo delle dotazioni di sicurezza che l’Unione Europea propone per i tunnel di base moderni: separazione dei flussi con canne separate, uscite di sicurezza ogni 500 metri, impianti di ventilazione forzata, ecc. A causa dei più severi limiti orografici e di pendenza di tutte le Alpi, i treni che lo percorrono possono essere solo corti e leggeri; per questo sono oggi fuori mercato con costi per tonnellata trasportata doppi rispetto ai tunnel di base. Anche per questa ragione la linea ha perso oltre il 70% della quantità delle merci che la percorrevano 20 anni fa.
7. il Movimento No (X) – alias M5S noncurante della non esistenza di una adeguata infrastruttura ferroviaria ed opponendosi alla sua necessaria sostituzione, sostiene che sia utilizzabile in Valsusa e in Maurienne ancora la vecchia linea, con qualche cerotto ed un piccolo rammendo. Peccato che il costo eventuale per mettere in sicurezza la linea storica (tunnel parallelo di sicurezza, impianti di ventilazione) sarebbe analogo a quello del nuovo tunnel di base per l’Italia. E resterebbero le stesse limitazioni tecniche (pendenza e raggio di curvatura) che la renderebbero comunque non utilizzabile per il trasporto ferroviario moderno che richiede treni lunghi e pesanti. Quindi si spenderebbero miliardi di Euro per una linea che resterebbe deserta.
Il professor Antonio Brencich, docente di strutture in cemento armato alla Facoltà di ingegneria di Genova, circa il ponte Morandi sottolineò che: “alla fine degli anni Novanta si era già speso in lavori l’80% di quanto speso per la realizzazione”. Questo è anche evidente per il vecchio Frejus; nonostante gli interventi attuati tra il 2002 ed il 2011 è ormai alla fine della propria vita utile e va inevitabilmente sostituito.
8. il Movimento No (…) – alias M5S, dichiara odio ed il fastidio per qualsiasi opera “nuova”; questa “patologia” gli consente di sostenere che basti mettere un “cerotto” e un po’ di Attak ad infrastrutture vecchie ed usurate per risolvere il problema; ma l’elisir di lunga vita per i tunnel del XIX secolo non l’hanno ancora inventato. E non risulta basti neppure la ormai famosa stampante 3D del Ministro dello Sviluppo Economico DiMaio per spostare le merci.
Ma la teoria del cerotto è l’effetto di un altro “grave disturbo”: tutto ciò che è proposto come nuovo è nell’epica grillina, “imbroglio, mafia, corruzione”. Addirittura, citando il ministro Toninelli una “mangiatoia”. Una tesi siffatta, assolutamente infondata e diffamatoria necessita di essere curata con trattamenti sanitari adeguati oppure in tribunale. E produce spesso anche pericolosi infortuni. Il più recente riguarda proprio Genova; l’aver bollato come “favoletta” la preoccupazione manifestata nel 2012 su un possibile crollo del Ponte Morandi, che secondo i 5 stelle era destinato ad un futuro perlomeno centenario.
Possiamo davvero ritenere che esistano tante e troppe analogie tra la realtà genovese e quella valsusina. Dobbiamo solo sperare che la politica dei Notav, specchio dei NoGronda e del Noeccettera, nella declinazione governativa a 5Stelle, non porti anche in Piemonte epiloghi simili.
Assolutamente d’accordo. I fautoridel no ad oltranza fanno, per quello che riguarda la TAV, gli interessi della società che gestisce la galleria autostradale. Se non sono degli utili idioti, allora, forse ci sono complicità. Più pesanti.