Travaglio Notav: un articolo, 15 svarioni
di BEPPE GILLIO
A volte mi capita di pensare che se non avessi dedicato tanto tempo a studiare le vicende della Nuova Linea Torino-Lione sarei NoTav anch’io. Perché chi non conosce fatti e documenti stenta a credere che la spavalda e insistita narrazione degli oppositori possa essere tanto lontana dalla realtà. Eppure è quanto ancora dimostra l’articolo di Marco Travaglio apparso sul “Fatto Quotidiano” del 31 luglio, sotto il titolo “Alta voracità!”. Ai cui travisamenti replico.
1) il Tav Torino-Lione, la più inutile e dannosa e costosa fra le grandi opere progettate negli anni 80 del secolo scorso e rimasta allo stato larvale dopo 1,6 miliardi di sprechi e 17 anni di studi e carotaggi.
La spesa citata, sostenuta dall’UE al 50% e da Italia e Francia al 25%, è stata utile a una complessa progettazione nonché alla realizzazione degli oltre 20 km di quattro tunnel geognostici; costituenti parte essenziale dell’opera perché esaurita la funzione ricognitiva serviranno ad areazione, manutenzione, condizioni di sicurezza del tunnel di base. Sull’entità della spesa il finanziatore principale non ha avuto nulla da eccepire e non hanno rilevato “sprechi”; così pure i plurimi organi di controllo (Corte dei Conti italiana, francese, europea).
Le ragioni dei tempi lunghi sono diverse. Per esempio il vasto rifacimento del progetto italiano. E ancor più la tempistica dei finanziamenti europei che possono essere pianificati in quadri finanziari definiti soltanto ogni sette anni. Nel quadro precedente è stata finanziata l’attività ricognitiva-progettuale; in quello in corso (approvato con ritardo nel 2015) la realizzazione dell’opera.
2) per completarla servirebbero sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%).
Passo ambiguo perché non si intende se riferito alla sola tratta internazionale o al progetto complessivo, inclusivo delle tratte nazionali italiana e francese. Queste ultime, la cui fisionomia e i cui tempi di realizzazione ancora attendono di essere definiti, consentiranno di sfruttare al meglio il tunnel di base che in ogni caso resta l’opera più urgente ed essenziale.
Nel primo caso il riferimento alla lievitazione dei costi in Italia non ha senso, essendo la NLTL opera internazionale (partecipata economicamente dall’Italia al 35%). Inoltre l’aumento dei costi non è cosa scontata. Non solo perché non si tratta di una spesa non controllata come quelle sostenute per l’AV italiana (la cui realizzazione fu affidata a contraenti generali privati), ma perché rispetto al passato si assiste oggi a riduzione dei margini di profitto delle imprese, arresto dell’inflazione, tassi d’interesse più favorevoli, diminuzione del costo del petrolio. Ha così avuto luogo un’inversione di tendenza, come quella attestata dal consuntivo economico degli ultimi due anni di lavori del Gottardo.
3) Quando partì l’idea della Torino-Lione, si pensava a un supertreno per passeggeri sullo snodo italo-francese del Corridoio 5, da Lisbona a Kiev.
Questa è la storia, ma da non confondere con la realtà attuale. La politica dei trasporti UE ha conosciuto una prima fase in cui si ipotizzavano corridoi paneuropei (Kiev!); una seconda in cui si privilegiava il trasporto veloce passeggeri (Lisbona!); una terza, l’attuale, in cui si privilegiano infrastrutture utili al trasferimento su ferro delle merci. Evidentemente Travaglio non ha alcuna nozione di quanto avvenuto negli ultimi anni:
a) nel 2011 la Commissione europea si è posta, soprattutto per ragioni di eco-sostenibilità, l’obiettivo di un trasferimento delle merci di lunga percorrenza dalla strada alla rotaia, nella misura del 30% all’altezza del 2030 e del 50% in seguito;
b) nel 2013 l’obiettivo è stato acquisito dai regolamenti UE 1315 (ridisegno Ten-T) e 1316 (Cef e finanziamenti), istitutivi della rete ferroviaria centrale articolata in 9 corridoi interconnessi e interoperabili (regolamenti approvati dal Parlamento europeo con l’84% dei voti);
c) nel 2015 l’agenzia INEA, applicando parametri oggettivi, ha proposto un cofinanziamento della NLTL che per entità è il terzo in una lista di 270 progetti infrastrutturali (selezionati su oltre 700); successivamente i 27 Stati UE hanno approvato la proposta; la cui motivazione principe è il “grande valore aggiunto europeo”. Del resto, senza un elemento centrale, il funzionamento di tutto il nuovo sistema sarebbe gravemente leso.
4) Infatti, pur di non ridiscutere il dogma, anni fa si virò disinvoltamente dall’“alta velocità” (persone) all’“alta capacità” (merci) […] le persone viaggiano serene da decenni sul Tgv o su comodi aerei.
Se Travaglio avesse dato una semplice scorsa ai vari libri bianchi e verdi pubblicati dall’UE, a compendio di quanto esposto sopra, non confonderebbe gli effetti con le cause.
È vero invece che l’obiettivo primario della NLTL è di favorire il trasporto delle merci, ma quello passeggeri costituisce un valore aggiunto. Il TGV tra Torino e Lione è l’unico al mondo a percorrere 250 km alla media di 80 km/h; per cui nei collegamenti con Parigi due milioni di viaggiatori preferiscono viaggiare su “comodi aerei”… che tuttavia inquinano e consumano assai più del treno. Che poi l’infrastruttura sia mista non dovrebbe sorprendere più di tanto, considerando che lo sono o lo saranno anche gli altri nuovi tunnel di base alpini (Lötschberg, Zimmerberg, Gottardo, Ceneri, Brennero, Koralm, Semmering).
5) Il Tav sarebbe una seconda linea ferroviaria da affiancare a quella storica (la Torino-Modane, inutilizzata all’80-90 %), scavando 57 km di tunnel dentro montagne piene di amianto e materiali radioattivi e devastando l’intera Valsusa.
Certamente sarebbe una seconda linea, né più né meno delle altre sette richiamate nel punto precedente. Ma moderna e attrattiva, a diversità dell’attuale, ormai agonizzante. Comprenderne le ragioni non è difficile: senza i parametri di prestazione europei (massa trainabile, lunghezza moduli, profili) il trasporto ferroviario non è competitivo verso la strada neppure in pianura (per la maggior parte delle tipologie di merce) figurarsi in una tratta di valico dove neppure con le onerosissime trazioni doppie e triple è possibile avvicinarsi a quegli standard. Il risultato è che oggi tra Francia e Italia il trasporto è su ferro soltanto al 7% (percentuale che continuerà a diminuire fino a che non ci sarà la nuova infrastruttura); tutto ciò mentre la Svizzera punta a superare l’80% dopo l’apertura del Ceneri e l’Austria il 50% dopo quella del Brennero.
Circa la leggenda delle “montagne piene di amianto e materiali radioattivi” ricordo che è stata pienamente sfatata dalla Valutazione di impatto sulla salute del Dipartimento di Scienze della Sanità pubblica e pediatrica dell’Università di Torino nonché dalla Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente, prodotte nel 2017 a consuntivo dei lavori del cantiere di Chiomonte, il più monitorato d’Italia.
6) Il tutto per soddisfare un fabbisogno che non esiste: il previsto boom del traffico merci su quella direttrice si è rivelato una bufala colossale.
Il bisogno non esiste per chi considera innocuo il transito sull’arco alpino occidentale di ormai 3 milioni di Tir; che si riversano sulle autostrade di Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta con generosa dispensa di polveri sottili, ossidi d’azoto, emissioni climalteranti, incidentalità, congestione, consumi energetici elevati, inquinamento acustico.
Il bisogno è invece sentito dalla Svizzera che per contrastare un traffico merci della consistenza, nel 2016, di 40 mln/tonn ha realizzato 129 km di nuovi tunnel su due assi (sull’arco alpino occidentale i milioni erano 42). Nonché dall’UE, con il richiamato e vincolante obiettivo del 50% di traffico merci su rotaia.
7) Sulla Torino-Modane i treni merci viaggiano carichi di container perlopiù vuoti. La linea è utilizzata per un quinto delle potenzialità: che senso ha affiancargliene una nuova?
Se la linea storica è poco utilizzata (e sempre meno lo sarà) è perché solo un operatore di trasporto suicida può farvi ricorso, spendendo più di quel che spende su strada. L’unica alternativa sarebbe quella già adottata dalla Svizzera, pervenuta a un importante trasferimento modale ancor prima dell’ultimazione dei nuovi tunnel di base, ma corrispondendo incentivi annui al combinato che quasi equivalevano a quanto spenderà annualmente l’Italia fino al 2030 per la NLTL (per inciso, gli incentivi, già ridotti dopo l’apertura del Gottardo, non saranno più corrisposti dopo quella del Ceneri). Senza considerare che una tale politica (peraltro non consentita dalla normativa UE sulla concorrenza) risolverebbe una modica parte del problema che non è soltanto quello di una percorrenza di 250 km ma di un corridoio gravato dal transito stradale di non meno di 35/40 miliardi di tonn/km/anno di merci. Un traffico di lunga percorrenza che a differenza del passato è per 1/3 di attraversamento (dell’Italia). Il restante è un traffico di scambio che non interessa soltanto origini e destinazioni vicine, ma in ampia misura penisola iberica, Paesi bassi, Regno unito.
8) Anche l’aumento dei Tir nel traforo del Fréjus è una panzana: nel 2017 l’hanno attraversato 740 mila mezzi pesanti, stessa cifra di vent’anni fa.
Era dunque una panzana anche la previsione opposta (più volte fatta propria da Travaglio) di un inesorabile crollo dei traffici. Circa il traffico stradale del Frejus, pesante e leggero, aggiungo che nel 2016 ha superato quello del Gottardo: come dire che ci sono paesi capaci di migliorare e altri che conoscono la sorte contraria. C’è poi da aggiungere che nel disegno europeo la NLTL offre un’alternativa anche al traffico stradale di Ventimiglia, due volte superiore a quello del Frejus e fomite del grave congestionamento dell’autostrada ligure; nonché a quello del Bianco, già soggetto a limitazioni per gli elevati livelli di polveri sottili rilevati nella Valle dell’Arve.
Un traffico complessivo che probabilmente quest’anno supererà per la prima volta i 3 milioni di TIR.
9) “la Commissione Ue non ha mai chiesto che l’attraversamento delle Alpi avvenga su una linea ad alta velocità: sia a Est sia a Ovest le merci possono tranquillamente continuare a viaggiare su reti ordinarie”.
Del tutto ovvio che l’UE non chieda una linea AV. Infatti nessuna menzione di questa definizione figura nei documenti comunitari e neppure nel trattato italo-francese. L’UE chiede ben altro ovvero l’adeguamento della linea alle specifiche tecniche d’interoperabilità della rete centrale (pendenza, raggi di curvatura, sagoma, sicurezza). Quelle medesime cui non è difficile adattare le linee ordinarie di pianura (come sta avvenendo in Italia con l’Adriatica e le linee di collegamento con Svizzera), mentre l’adeguamento è impossibile sulle vecchie linee di valico. È poi questa la ragione del cofinanziamento dell’opera al 40%.
10) L’occupazione. Alta velocità, bassissima occupazione: le previsioni più rosee indicano 4 mila nuovi occupati.
L’occupazione non è di certo la ragione prima dell’opera. È semplicemente un valore aggiunto.
11) La delibera 67/2017 del Cipe (governo Gentiloni) stima il costo complessivo del solo tunnel di base in 9,6 miliardi. Di questi, il 57,9% lo paga l’Italia e solo il 42,1 la Francia (disparità incredibile, tanto più che il tunnel insiste per l’80% in territorio francese e solo per il 20 in territorio italiano, e spiegabile solo con l’ansia di convincere Parigi, da sempre renitente all’impresa).
Infatti il Cipe avrebbe potuto finanziarli solo se anche la Francia avesse stanziato la sua quota: cosa che Parigi non fa, né si sa se e quando la farà. Dunque la delibera è in forte odore di illegittimità.
Il costo certificato da un ente terzo è di 8,6 mld. La “disparità incredibile” non è affatto tale considerando che nonostante un tunnel “solo per il 20% in territorio italiano” l’Italia partecipa alla proprietà e all’esercizio dell’infrastruttura nella misura del 50%. Se poi la quota non è paritetica è perché al tempo dell’accordo la Francia si era impegnata a spendere il doppio dell’Italia per la propria tratta nazionale (costo stimato 7,7 mld); va da sé che se l’impegno venisse meno le quote andrebbero ridiscusse.
Dire poi di una Francia “renitente” stride alquanto con i tempi assai più rapidi di quelli italiani per la realizzazione delle discenderie e le dichiarazione di pubblica utilità. O con il 96% dei voti favorevoli all’accordo espressi dal Senato francese nel 2013.
12) per i docenti Andrea Debernardi e Marco Ponti, produrrebbe una perdita economica di 7 miliardi
Si parla di vecchi studi, precedenti la spending review. In seguito il primo autore ha prodotto una stima di -1,8 mld (cfr. C’è luce in fondo al tunnel?, Maggioli, 2012, p. 175). Recenti elementi di valutazione concorrono a migliorare nettamente i risultati della valutazione socio-economica. Ma quel che più conta è che l’opera non dovrebbe essere valutata per la sua redditività intrinseca ma per l’apporto fondamentale al potenziamento di una rete di cui è parte. Rete i cui ampi benefici sono già stati oggetto di studi europei, come il rapporto del Fraunhofer Institute, Cost of non-completion of the TEN-T, 2015.
13) Non c’è un solo contratto o accordo col governo francese, con l’Ue o con ditte appaltatrici (per il tunnel di base non è stata bandita alcuna gara) che parli di penali. L’Italia, nel tracciato italiano, può fare ciò che vuole. La legge 191/2009, art. 2, comma 232 lettera c prevede che “il contraente o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria eventualmente sorta in relazione alle opere individuate…”.
È semplicemente privo di senso evocare il disposto della Finanziaria 2010 relativamente a contratti stipulati da un soggetto internazionale come il promotore pubblico appaltante (il cui diritto applicabile è semmai quello francese). Circa il promotore ricordo che in virtù di un trattato diventato legge nei due Stati è oggi un soggetto autonomo. Fino a che l’accordo che lo ha istituito non sia modificato consensualmente dai due Stati, con ratifiche parlamentari.
14) se il Tav non si fa più, l’Italia non deve restituire un euro, al massimo non incassa fondi per un’opera annullata. Quando il Portogallo si sfilò, non sborsò un cent alla Spagna né all’Ue.
Se lo Stato italiano decidesse unilateralmente e in violazione di accordi ratificati di non concorrere più alla realizzazione dell’opera, gli altri soggetti finanziatori, UE e Francia, avrebbero il pieno diritto di richiedere la restituzione dei quasi 1,2 miliardi già spesi e a causa dell’Italia irrimediabilmente sprecati.
Del resto il finanziamento europeo 2015 è conforme al regolamento UE 1316/2013 che all’art. 12 stabilisce la possibilità di richiedere “il rimborso totale o parziale dell’assistenza finanziaria concessa se, entro due anni dalla data di completamento stabilita nelle condizioni di assegnazione dell’assistenza finanziaria, la realizzazione dell’azione che ne beneficia non è stata terminata”.
L’analogia con il Portogallo non è sostenibile. Perché, a seguito della grave crisi economica di quel paese, la rinuncia alla linea AV Lisbona-Madrid fece seguito proprio alle direttive di austerità imposte da UE e FMI. Inoltre l’opera non ebbe mai il beneficio di un cofinanziamento europeo del 40% essendo precedente all’emanazione del regolamento UE 1316. In più, al tempo della rinuncia, era già in fase avanzata il ridisegno della Ten-T, con esclusione di quel progetto (utile al trasporto di persone e non di merci) dalla rete centrale europea (mentre la NLTL ne è elemento nodale).
15) Idem la Francia: si finge interessata al Tav, ma ha sospeso i cantieri sulla tratta nazionale (anche per i fulmini della Corte dei Conti) e per quella internazionale – il tunnel di base – non ha mai erogato i finanziamenti (come l’Ue).
La Francia non ha mai sospeso “i cantieri sulla tratta nazionale” per la semplice e limpida ragione che non li ha mai attivati; come del resto non li ha ancora attivati l’Italia. Per quel che riguarda la tratta internazionale il finanziamento dei primi lotti è stato invece approvato dal CdA dell’AFITF e sottoscritto dal Ministère de la transition écologique il 18 maggio scorso.