L’immobilismo delle ragioni del no: si può fermare l’orologio della storia?

Ho letto su ‘Il Manifesto’ del 6 luglio scorso l’articolo di Massimo Zucchetti TAV: prendete appunti, rimanendone alquanto deluso. In primo luogo perché il titolo pareva promettere novità che invece non ci sono, in secondo perché da un fisico nucleare, che espone un così  prestigioso curriculum accademico e scientifico, mi attendevo tutt’altro rigore argomentativo. Quanto ho letto costituisce invece una semplice rassegna delle ragioni di contrarietà alla nuova linea Torino-Lione da anni ribadite dagli oppositori, senza alcuno sforzo di aggiornamento. Offrendomi l’opportunità di riproporre in questa pagina le repliche che vado da tempo opponendo, a sostegno di un progetto che in una prospettiva europea di mobilità sostenibile appare oggi irrinunciabile.

Rimozioni e distorsioni cognitive

Trovo stupefacente e surrettizio parlare della Nuova Linea Torino Lione senza inquadramento in un contesto generale. Insistendo nel descrivere il progetto come una sorta di anomalia o, peggio, di aberrazione tutta italiana e chiudendo gli occhi sulle intervenute trasformazioni di rilevanza epocale e continentale che di seguito richiamo.

  • Zucchetti omette di ricordare che in Svizzera sono oggi ultimati o a progetto 124 km di tunnel di base ferroviari, sui due assi del Lötschberg e del Gottardo; e che altri 115 sono in corso di realizzazione in Austria, sui due assi del Brennero e della Koralpe. Evitando in tal modo di porsi domande sulle loro ragioni. In particolare perché l’esigenza di nuove infrastrutture sia avvertita in Svizzera, dove il traffico merci del 2014 si è attestato su 38,4 mln/tonn, e non dovrebbe essere avvertita in Italia, dove ai confini italo-francesi sono transitati nel medesimo anno 40,2 mln/tonn (Observation et analyse des flux de transports de marchandises transalpins – pag 136).
  • Sconcerta leggere di un «ormai sepolto “corridoio 6” (il famigerato Lisbona-Kiev…) ormai del tutto irrealistico» perché significa ignorare un processo evolutivo che dalle prime ipotesi di corridoi paneuropei è progressivamente pervenuto alla definizione di corridoi transeuropei, di progetti prioritari, di una Ten-T studiata e riscritta e infine – con i regolamenti UE 1315 e 1316 del 2013 – all’istituzione della rete ferroviaria centrale europea, articolata in 9 corridoi interoperabili e interconnessi. Una rete paragonabile a una grande metropolitana, le cui stazioni sono le più importanti città europee. Una rete funzionale alle molteplici rotte dei flussi di traffico della quale la NLTL costituisce elemento centrale.
  • L’UE sta investendo risorse importanti per il superamento dei “colli di bottiglia” della rete. In particolare per i progetti transfrontalieri tant’è che in una decina d’anni i cofinanziamenti di questi ultimi sono passati dal 10 al 40%. Il progetto CEF (Connecting Europe Facility) ha coinvolto i più importanti istituti di ricerca europei nella definizione di una mappa degli interventi e dei criteri di priorità dei finanziamenti. Ne è risultato che per il settennio finanziario corrente la NLTL è al terzo posto per entità di cofinanziamento in una lista di 270 progetti infrastrutturali. A riconoscimento del suo ruolo fondamentale.
  • Gli anni passano. Alle origini i corridoi europei erano concepiti per servire in pari misura traffico su strada e su rotaia. Poi l’attenzione ha privilegiato il trasporto passeggeri e le linee AV, in alternativa all’auto e all’aereo. Oggi l’impegno prioritario riguarda il trasporto merci con l’obiettivo del trasferimento su ferro del 30% della merce movimentata al 2030 e del 50% al 2050. Orizzonti temporali che potrebbero essere persino anticipati a seguito dei devastanti effetti dell’autotrasporto (emissioni di CO2, PM10, NOx, congestione, incidentalità, consumi energetici).

Torniamo al punto. La nuova politica dei trasporti europea, già ampiamente tradotta in normative e azioni, è stata varata con vastità di consensi.

Ovviamente non condividerla è del tutto legittimo. Ma censurarla, unitamente alla vasta letteratura scientifica di accompagnamento, è cosa che toglie credibilità alle tesi degli oppositori. Così pure l’analisi di taglio sincronico che allinea vicende distanti nel tempo omettendo di considerare rapporti di causa e di effetto e dinamiche in atto.

Costi e benefici. Previsioni di traffico

Massimo Zucchetti dedica ampio spazio alle «ipotesi fantasiose per il calcolo dei benefici» derivanti dall’opera e a «ipotesi governative totalmente campate in aria» di incremento dei traffici.  Qui è più difficile smentirlo, tuttavia ancora una volta la lettura di vicende è incautamente astorica. L’analisi costi e benefici prodotta da LTF (ovvero dagli istituti specializzati incaricati) si uniformava infatti a uno scenario economico europeo affetto da incontenibile ottimismo fino al deflagrare della recessione. Le previsioni di crescita illimitata del PIL, cui si voleva collegare quella dei trasporti, erano quelle dominanti; tant’è  che quando la società COWI fu incaricata dall’UE di valutare progetto e previsioni di traffico di LTF la conclusione fu che occorreva «optare risolutamente per uno sviluppo sostenibile nelle Alpi e lanciare da subito la costruzione del nuovo collegamento ferroviario transalpino per far fronte alla saturazione della linea storica e degli assi stradali e favorire il trasferimento modale dalla strada alla rotaia».

L’incidente previsionale più clamoroso fu invece quello di un incremento di traffico sulla linea storica, quand’essa – per limiti connessi a pendenze, tortuosità, sagoma e gli elevati costi che ne conseguono per gli operatori – era già avviata a un incontrastabile declino. Neppure l’ACB del 2011 mise in conto che un incremento del traffico su rotaia sarebbe stato possibile unicamente con costi molti elevati (prossimi in circa 20 anni a quelli della spesa italiana per la realizzazione del tunnel di base). La spiegazione giunge dalla Svizzera, pervenuta al risultato di una quota su rotaia del 69% non tanto per le misure di deterrenza dell’autotrasporto (con una tassa sul traffico pesante che peraltro la normativa europea sulla concorrenza non consente) quanto per formidabili sovvenzioni al trasporto combinato (fino a 175 mln/chf anno) e forti investimenti nei servizi di spinta; nonostante che le linee storiche svizzere siano già più avvantaggiate di quella del Fréjus per sagoma (PC/60 – 80) e massa trainabile. Prova ne è che il Governo confederale ha annunciato che gli incentivi saranno soppressi dopo il 2024, quando i tunnel Alptransit basteranno a rendere competitiva la rotaia verso la strada.

Si chiede Zucchetti: «Merci, merci: ma dove sono tutte queste merci?». Domanda strana perché basta percorrere le congestionate autostrade di Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta per capire dove si riversano i 2,6 mln di TIR (volume due volte e mezzo superiore a quello svizzero) che ancora nel 2014 hanno varcato i confini italo-francesi. E ancora: «Forse per giustificare la NLTL dovremmo chiudere il Bianco e Ventimiglia?». Chiudere il traffico stradale certamente no, trasferire una buona metà del flusso di merce sull’unica nuova linea ferroviaria dell’arco alpino occidentale dotata di specifiche tecniche d’interoperabilità certamente sì. E questo non è pensiero di chi scrive ma decisione conseguente ad anni di studi e di pianificazioni del progetto della rete centrale europea.

Problemi ambientali

Molti i temi toccati da Zucchetti nell’articolo, per cui, per non abusare della pazienza di chi legge, mi limito a sfiorarli. Credevo che a più di 5 km di profondità del tunnel geognostico di Chiomonte la storia della “montagna piena di uranio e di amianto” venisse accantonata. Mi sbagliavo e vorrà dire che se ne riparlerà a conclusione dei 2 km restanti. Quello che tuttavia mi sembra molto grave, per gratuito allarmismo, è l’affermazione «si prevede che “In tali condizioni ci si può attendere un incremento delle affezioni respiratorie del 10-15% da riferire soprattutto alle popolazioni particolarmente suscettibili quali bambini ed anziani anche già affetti da patologie respiratorie di tipo cronico”». Già, perché nessuna “previsione” del genere si legge nella valutazione d’impatto ambientale da cui è tratta la frase virgolettata. Il documento, conforme al modello DPSIR sviluppato dall’Agenzia europea dell’ambiente, prevede infatti un’elencazione dei rischi potenziali e di tutte le criticità possibili in una prima parte; delle risposte in una seconda. La prima è quella citata, la seconda o è mai stata letta o è stata deliberatamente ignorata. Tal quale, in tema di dispersione delle acque, l’approccio al rapporto COWI, di cui si cita la parte iniziale e si omettono le valutazioni finali.

Conclusioni

Altre ancora le affermazioni sorprendenti. Come quando si accenna a “perplessità” della Francia, omettendo di dire che se la Corte dei conti francese ha effettivamente espresso riserve sulla NLTL (e sulle altre opere del programma Grenelle) ; 334 senatori – di un arco esteso dalla sinistra comunista alla destra neo-gollista – hanno dichiarato nel 2013 voto favorevole all’accordo  italo-francese per ragioni d’ordine ambientale (contrari soltanto i 12 ecolò per ragioni… economiche).  Con vasto consenso perché la NLTL è sostenuta dalle Regioni Rhône-Alpes e Languedoc Roussillon, da sei Consigli dipartimentali, dalla maggioranza dei sindaci della Savoia, dal sindacato confederale CGT, dalle tre principali organizzazioni degli imprenditori (CCIR, MEDEF, CGPME), dalle associazioni degli utenti della ferrovia ADTC e FNAUT. Inoltre, in Francia, si sono scavati tre tunnel geognostici senza la necessità di mobilitare un solo poliziotto.

Circa quest’ultimo punto, è anche vero che la Francia ha avuto un rapporto diverso con il progetto. Soprattutto non ha conosciuto una vicenda come quella di Venaus del 2005; quando era tempo di concertazione, di approfondimento, di spiegazioni e non di atti di forza che hanno procurato ferite a tutt’oggi non rimarginate.

Ma del passato non si può rimanere prigionieri e ora è più che mai necessario il confronto: con il presente e soprattutto con il futuro.

Beppe Gillio

 

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