Fermare il piano Ue dei trasporti può costare all’Europa 2500 miliardi
Vista sulla mappa del progetto complessivo della Ten-T, la tratta della Torino-Lione è poco più di un trattino. Solo uno dei tanti nel piano di trasporti trans-europei (Ten-T) che include migliaia di rotte aeree, su strada, su acqua e su rotaia e che ha l’obiettivo di rendere ogni angolo d’Europa più vicino al resto del Continente. Secondo uno studio commissionato da Bruxelles a diversi studi di ricerca internazionali, il maxi-piano potrebbe generare da qui al 2030 una crescita dell’1,8% del Pil europeo, pari a 2570 miliardi di euro e dieci milioni di posti di lavoro a fronte di investimenti per 457 miliardi di euro. Cifre a rischio se saltano alcune delle tratte che legano stazioni, porti e aeroporti attraverso i nove corridoi definiti dal progetto.
La Tav Torino-Lione è una delle più critiche e contestate per via delle preoccupazioni sollevate su vari aspetti, tra cui quello – non secondario – del suo impatto ambientale. Ma non è l’unica perché un po’ in tutta Europa sono emerse criticità. Gli ostacoli sono principalmente di tipo finanziario, ma ci sono barriere legate alle infrastrutture e alle legislazioni nazionali. «In Spagna e in Portogallo – spiega Carlo Secchi, docente alla Bocconi e coordinatore del Corridoio Atlantico che collega la Penisola Iberica con il Nord della Francia e porta fino in Germania – lo scartamento, vale a dire la distanza tra i binari, è diverso da quello europeo. Questo crea un problema di interoperabilità che richiede investimenti massicci. Le linee ad alta velocità sono già state realizzate con il nostro scartamento, ma rimane il problema su quelle locali dove bisogna cambiare rotaie e locomotive».
Grandi difficoltà sono emerse anche in altre tratte, come per esempio il Terzo Valico, tra Tortona-Novi Ligure e Genova, nel corridoio Reno-Alpi che arriva fino in Olanda. «Non essendo una tratta transfrontaliera, ha meno sostegno finanziario e tutto ricade sulle spalle del governo italiano. Ma c’è stato un grande impegno e siamo moderatamente fiduciosi che possa essere portata a termine». Altri ostacoli sono legati a forme di “protezionismo nazionale”, come le diverse caratteristiche delle locomotive o le differenti abilitazioni per i macchinisti.
La Torino-Lione, secondo Secchi, è la dimostrazione che l’Italia ha sbagliato approccio sul piano «della comunicazione e del coinvolgimento dei cittadini. Il modello del débat public applicato in Francia è quello che meglio consente di affrontare la questione e che, alla lunga, fa risparmiare soldi e tempo». Ma secondo il progetto la Tav tra Italia e Francia è decisiva proprio per il suo carattere transfrontaliero. È nel cuore del corridoio Mediterraneo, che collega la Penisola iberica con l’Ucraina. Nello studio della Commissione europea si stima che la realizzazione delle tratte transfrontaliere – 35 in tutto – avrà un impatto superiore alle altre sull’economia europea: gli investimenti in queste opere saranno in grado di attivare «un moltiplicatore di tre volte maggiore rispetto a quello generato dalla media dei 9 corridoi» dice lo studio.
La loro mancata realizzazione ridurrebbe gli investimenti di 43 miliardi, con una perdita per il Pil europeo di 86 miliardi solo nell’anno 2030 e una perdita totale di 725 miliardi da oggi a quella data. In termini di occupazione, costerebbe quasi 1,9 milioni di posti di lavoro. Le stime dicono che ogni euro investito nei progetti transfrontalieri ne genera 17 in termini di crescita del Pil e ogni miliardo non investito causa la perdita di 44.500 potenziali posti di lavoro. «Per molte opere il problema è che si tratta di progetti a redditività molto diluita nel tempo – conclude Secchi -, per questo il meccanismo di investimento previsto dal piano Juncker, con la partecipazione dei privati, incontra qualche difficoltà. Bisogna tornare a un sistema di finanziamento di tipo classico, con un maggiore intervento pubblico».
Marco Bresolin @ LaStampa
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