COME DARSI LA ZAPPA SUI PIEDI: LA REPLICA DI WU MING 1 A PICOBETA

Recentemente è apparsa in questo sito una recensione del libro di Wu Ming 1, Un viaggio che non promettiamo breve.

Ero stato io a proporla a Picobeta, conosciuto come altri amici di Veritav sul web, dopo aver seguito nel blog Giap un suo prolungato contradditorio con lo scrittore. Conservando imperturbabilità anche quando incolpato di «vomitevole e provocatoria disonestà» o definito «“case study” sulla malafede manipolatoria dei proponenti l’opera».  http://www.wumingfoundation.com/giap/2016/03/ovest-25-anni-di-lotte-notav-in-val-di-susa-2a-puntata/

Ora Wu Ming, punto nel vivo dal rilievo che nel libro manca l’analisi del nemico – rimpiazzato «da una onirica e fantastica Entità» – dice trattarsi di limiti di lettura e di comprensione:

Il recensore, spiazzato da quel che accade nel libro sul piano allegorico, ha confuso quest’ultimo col piano fattuale, e ha dunque tralasciato di cercare oltre. Leggendo anziché consultando, avrebbe trovato: una disamina del sistema delle Grandi Opere e dell’ideologia su cui fa leva; pagine e pagine sull’architettura di appalti di cui quel sistema si avvale; nomi di general contractor, consorzi d’imprese e grandi aziende (ricorrente la CMC); nomi di partiti, uomini politici e amministratori; richiami alla dimensione internazionale di tale sistema e a lotte in altri paesi, pur facendo notare le peculiarità del modello italiano. Insomma, i «dati hard» di cui parla Elia Rossi su La Balena Bianca. http://www.wumingfoundation.com/giap/2017/05/la-veritav-vi-prego-sullamore-ancora-su-un-viaggio-che-non-promettiamo-breve-wm1viaggionotav/

Personalmente trovo del tutto comprensibile che un lettore ben informato sulle vicende della NLTL resti «spiazzato» dalla lettura del libro perché pur sforzandosi di «cercare oltre» non gli riesce di ravvisare nessi tra l’allegoria e il piano fattuale. Ancor più dopo gli spunti esegetici ora forniti che dimostrano inappellabilmente come la confusione non sia del recensore ma del narratore. Perché se l’Entità si identifica con  «le peculiarità del modello italiano del sistema delle Grandi Opere», con «l’architettura di appalti di cui quel sistema si avvale», con «nomi di general contractor» non può abitare in Val di Susa.

Probabilmente Wu Ming non capisce o non vuole riconoscere che la NLTL non è opera italiana, ma internazionale, partecipata economicamente dall’Italia al 35%, e che a essa pertiene un impianto giuridico, normativo, economico, finanziario del tutto diverso da quello del sistema nazionale dell’AV. Il General Contractor, già espressione di oligopoli economici e rafforzato nel ruolo di dominus da un’ancillare Legge Obiettivo, è vicenda d’altri luoghi e, se non fosse per i gravi strascichi del Terzo valico, potremmo dire di altri tempi.

Il promotore della NLTL è pubblico: una sorta di società di scopo che risponde direttamente a una commissione interministeriale bi-nazionale in piena conformità con le forme e gli indirizzi di un solido e vasto programma europeo. E nulla dell’architettura contrattuale lascia pensare al passato italiano. Basti dire delle modalità di conferimento degli appalti, con azione incrociata di una commissione contratti che fornisce pareri e di una commissione di valutazione i cui membri sono nominati a offerte pervenute; con presidenza francese di entrambe. Ma per questo e ogni altro confronto occorrerebbe, a diversità di Wu Ming, leggere almeno il testo del trattato italo-francese.

All’Entità si attribuiscono dunque connotazioni incongrue. Mentre i «dati hard» utili a comprendere la sua ragione d’essere sono taciuti. Forse non piacciono o risultano di scarso interesse narrativo, ma di certo non si celano in regioni oscure trattandosi di documenti programmatici, studi e atti normativi prodotti in ambito europeo nell’arco di un quarto di secolo. Con la forte accelerazione e le sensibili trasformazioni degli ultimi anni qui compendiate:

  1. Commissione europea, TEN-T: riesame della politica. Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti, 2009;
  2. European Commission, Final report Trans-European transport network planning methodology, 2010;
  3. Commissione Europea, Libro bianco. Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti. Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile, 2011;
  4. European Parliament, Update on Investiments in large Ten-T Projects, 2014;
  5. European Commission, Mediterranean Network Corridor Study. Final report, 2014.
  6. European Commission, Cost of non-completion of the TEN-T, Final Report, 2015;
  7. Regolamento UE 913/2010 (trasporto merci e intermodalità);
  8. Direttiva UE 275/2011 (interoperabilità e specifiche tecniche del sistema ferroviario comunitario);
  9. Regolamento UE 1315/2013 (Ten-T);
  10. Regolamento UE 1316/2013 (Cef).

Oltre a permettere di definire l’identità della NLTL, i documenti richiamati consentono di conoscere il perché della rivoluzione della mobilità europea in atto, a partire da due pietre miliari: 1) l’approvazione nel 2011 dell’obiettivo del trasferimento del 50% del traffico merci di lunga percorrenza dalla strada alla rotaia; 2) l’istituzione nel 2013 di uno strumento ad hoc ovvero la rete centrale ferroviaria articolata in 9 corridoi interoperabili e interconnessi.

Che poi non si tratti di semplice «propaganda» ma di una realtà in atto lo dimostra il fatto che per il settennio finanziario in corso l’UE ha destinato all’implementazione della rete risorse eccezionali. Non mancando peraltro di produrre motivata ragione del perché la NLTL sia per entità del cofinanziamento al terzo posto in una lista di 270 progetti infrastrutturali.

Tutto questo nel libro di Wu Ming non c’è. E tanto meno ci sono riferimenti alla ragguardevole letteratura scientifica trasportistica, italiana ed europea, che ha immediatamente recepito e metabolizzato i nuovi «dati hard».  Letteratura, per inciso, piuttosto silente su voci come quelle liberiste di Marco Ponti e  Rémy Prud’Homme,  restati tra i pochi a vedere nell’autotrasporto un oggetto di politiche vessatorie.

Per tutte queste ragioni costerebbe fatica immaginare Turi, anima candida e generosa, impegnato in Clarea a discettare con l’Entità di specifiche tecniche di interoperabilità ferroviaria, pesi assiali, raggi di curvatura et similia.

Nel libro c’è altra buona messe di omissioni e travisamenti, come Picobeta ha ben rilevato. Limiti non solo di Wu Ming ma di tutto un pensiero che affermatosi con ragionevoli motivazioni e con buon attivo di risultati ha poi rifiutato di fare i conti con la storia, tralignando in una sorta di mistica (rinvio, per una critica in pillole, a mio precedente intervento e per una visione più estesa a http://altralineaedizioni.it/portfolio-item/le-ragioni-di-un-ambientalista-si-tav/ ).

Sarebbe tuttavia vero a metà sostenere che la narrazione non sia non-fiction. E questo perché, al di là di squarci oleografici e autocelebrativi, rende testimonianza concreta di opinioni persistenti, commiste a vissuti emotivi e, soprattutto, ai bias cognitivi che ne derivano.

Resta soltanto da rammaricarsi che troppi recensori non abbiano saputo distinguere tra percezioni e realtà, opinioni e fatti, finzione letteraria e dati scientifici.

 

Beppe Gillio

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