ANCORA SU ERRI DE LUCA E SULLA SUA “ IPOTESI SULL’ IGNORANZA”

Mi riferisco ai contributi sulla …”ignoranza” nella informazione

Trovo sempre curioso come   a fronte della complessità imposta alle scelte per il lungo periodo e caratteristiche degli interventi ferroviari, quasi mai venga evidenziato nei “talk show” televisivi o nei blog e nei social network sulla rete, il valore delle opportunità generate dall’essere elementi nuovi (o di rinnovo) di una rete estesa che si arricchisce nel suo insieme, con vantaggio per l’accessibilità e le relazioni fra snodi e luoghi del territorio attraversato. Nel caso della TO-LY si tratta dell’intero spazio continentale con particolare disponibilità e apertura per lo sviluppo dello spazio mediterraneo.

Quando alla fine degli anni ’80 la Commissione europea diretta da Delors delineò l’impianto della rete TEN-T dei trasporti, immaginandola da realizzare in tempi congruenti con gli obiettivi economici dell’unificazione politica. Si ritenne allora di dotare il territorio continentale di uno strumento di accesso capace di relazionare le aree attraversate, a pari livello di efficacia ed opportunità, e legando gli assi principali alla rete diffusa esistente o da riqualificare. Furono individuate le aree economicamente più deboli per fornire loro strumenti adatti a superare il gap, imponendo vincoli di compatibilità ambientale e sostenibilità, purché i tempi attuativi fossero congruenti con gli obiettivi del riequilibrio economico e territoriale dell’Unione.

A livello locale poi   (inteso per locale lo spazio che integra la portualità ligure e l’area milanese, ma si estende oltre le Alpi   fino alla Svizzera e l’area di Lione e si protende nel Mediterraneo), si tratta di uno spazio economicamente dinamico in fase di incisiva trasformazione produttiva ed economica che attende le opportunità tecnologiche fornite dalle reti, (da tutte le reti che uniscono!) per il supporto alle   nuove iniziative di sviluppo compatibile con l’ambiente e sostenibile nel presente e per il futuro.

All’epoca la globalizzazione non si affacciava ancora alle politiche dei paesi, se non nel pensiero di qualche futurologo, oggi ci rendiamo conto di quanto essa possa operare negativamente impoverendo non solo le economie, ma anche i “welfare” dei paesi meno pronti al consolidamento dei sistemi democratici.

Ora possiamo anche valutare dove, come e quando si siano manifestate le inadeguatezze del progetto strategico che lasciava ai Paesi interessati e alle loro economie, parti e fasi molto importanti della realizzazione dei singoli elementi dei corridoi infrastrutturali, dalla progettazione esecutiva al rispetto dei tempi. Il progetto doveva coniugare l’impatto sull’ambiente insieme con le risorse del territorio attraversato, ma anche l’impegno economico e realizzativo necessari al raggiungimento dei livelli di competitività fra aree economiche di più larga scala. In proposito si veda come le economie asiatiche emergenti e più dinamiche, si affaccino alle porte dell’Europa con infrastrutture di lungo respiro strategico per integrarla più stabilmente   nella propria area di influenza e con i territori asiatici attraversati.

Possiamo anche considerare se le risorse impiegate e i nostri tempi operativi siano stati e siano tuttora adeguati a “colmare” il gap strutturale anche innovandone gli strumenti e le conoscenze. Possiamo riconsiderare i contributi importanti che l’innovazione tecnologica rende più competitivo il sistema generale nazionale le cui inefficienze pesano soprattutto sulle strutture più deboli e sulle classi sociali più esposte alle crisi imposte da una economia globale sempre più diretta dalle scelte finanziarie e/o dai surplus commerciali, ma meno orientata ai riequilibri territoriali pensati ai tempi della Europa di Delors.

 

In effetti la condizione dei paesi mediterranei dell’Europa resta debole nella visione del suo futuro e quindi povera di investimenti che ne riqualifichino le dotazioni territoriali, la funzionalità e la sicurezza di sistema generale e delle sue risorse umane.

Ma oggi ci sono dati che confortano il futuro del progetto e sono a disposizione di tutti. Quello che nelle previsioni progettuali del 2006 fu denominato il “decennio perduto” per indicare la durata e la profondità della recessione economica seguita alla “crisi dei Subprime”, risulta in fase di chiusura con una ripresa economica e degli scambi fra aree continentali e sulle reti. I flussi di mobilità delle merci e delle persone in Europa e nell’area mediterranea hanno ripreso a crescere evidenziando luoghi di approdo e rotte di mobilità e trasporti dalle quali il nostro paese non può   e non deve essere escluso per mancanza di offerta adeguata e sostenibile anche, se riconosciuto coerente, aggiornando il disegno di sistema. Di qui la considerazione della Francia di Macron di riaffermare senza esitazione il traforo di base della TO-LY nel traforo di base (dove si realizza il massimo beneficio) e di riesaminare la spesa sui rami di accesso e sui nodi, anche alla luce delle innovative tecnologie del controllo dei flussi ferroviari, come peraltro già fatto su lato italiano.

In questo quadro ci pare almeno improvvido abbandonare l’area del Nord-Ovest ad una progressiva marginalità garantita purtroppo dalla inadeguata accessibilità alla pari (si veda il progressivo declino della obsoleta ferrovia storica abbandonata dai flussi economici), alle produzioni industriali e agricole, alla economia del turismo sostenibile, della cultura e della formazione di alto livello, nonché alle opportunità di relazioni e contaminazioni culturali e commerciali fra i due popoli italiano e francese.

Ma insieme con le questioni di merito del progetto c’è anche la questione di “quale informazione” può giungere se confusa nella ignoranza.

Del “ragionamento” di Erri de Luca mi hanno colpito due concetti interessanti, perché si tratta di affermazioni fondanti del suo pensiero e insieme prive di alcuna giustificazione:

– chi vuole documentarsi su un argomento ha libero accesso ai dati.

– la conoscenza è considerata un peso sulla coscienza.

Sulla prima ci sta molto della superficialità dell’approccio spettacolare che ahimè domina gran parte della informazione quotidiana e usata in molti “luoghi della comunicazione” come la Tv dei Talk show e/o la Rete Internet, dove è possibile trovare “dati” con facilità e in quantità, ma con la difficoltà oggettiva di selezionarne la qualità e la affidabilità. In questo senso è evidente che la soddisfazione psicologicamente prevalente del “cercatore” stia nel trovare “dati” in sintonia con le proprie convinzioni già formate o in formazione. E’ il contrario dell’approccio scientifico, sperimentale e critico.

Quando poi il personale politico – e comprendo anche tutti coloro che si affacciano “vergini” a questa “finestra” o che si fingono fuori dalla politica – si appropria di questo strumento formidabile di possibile conoscenza, ne usano tutte le possibilità di torsione dei concetti alla propria propaganda. L’assertività nell’eloquio e la ripetizione delle frasi forma una “verità” non contestabile nella immediatezza se chi ascolta non è in condizioni di farlo. Tuttavia lo scrittore non considera che cercare, leggere e interpretare dati chiede preparazione specifica e cultura che non si improvvisa e non si contrabbanda con “titoli giornalistici” e che se si tratta di dati significativi spesso hanno richiesto tempi lunghi, competenze di alto valore e verifiche corrette.

Ho in precedenza dato cenno al concetto di accessibilità, perché molto utile a comprendere le relazioni fra risorse territoriali (ambientali, economiche e umane), mobilità e trasporti esistenti o generabili con opportuni interventi e investimenti. Per esempio, i dati sui transiti della linea storica, tanto citati, hanno nel concetto di accessibilità fra aree economiche in relazione (risorse e costi di trasporto) la loro spiegazione e la prospettiva di recupero e superamento.

Ma qui va considerato un vezzo tutto nazionale che svaluta il “saper fare” e la ricerca scientifica quantitativa a fronte di altre discipline o convinzioni o ignoranze.

Sulla seconda ci sta il corollario della precedente, perché è vero che la conoscenza ha molto a che vedere con la coscienza con una relazione di reciproca affidabilità. Infatti chi “produce e comunica” con impegno un dato lo affida anche alla propria coscienza di ricercatore e studioso, e solo a fronte di confutazioni altrettanto fondate sui dati di base e sul metodo utilizzato per lo sviluppo, rispetterà il principio della falsificabilità del processo e dei risultati, fondativo e riconosciuto della scienza sperimentale: principio e comportamenti non facilmente rintracciabili in altre attività non scientifiche.

L’elenco di “notizie” fornite da Erri De Luca risulta quindi efficace per chi preferisce affidarsi alle fake news e non conosce storia e realtà del progetto e dei lavori, ma è anche un esempio di scuola di falsificazione dell’informazione, indipendentemente dalla validità del progetto in sé, sempre verificabile con altri strumenti.

Nessuno può ragionevolmente credere e neppure Erri De Luca stesso, che il suo sia un contributo serio al “dibattito pubblico”.

 Mario Villa 

 

Mario Villa è stato:
Presidente della Commissione per la Mobilità e i trasporti dell’Istituto Nazionale d’Urbanistica;
Presidente regionale, Piemonte e Valle d’Aosta, dell’Associazione Italiana per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti;
Docente di Teoria e Tecnica del Traffico e della Circolazione al Corso di Laurea in Ingegneria Civile del Politecnico di Torino.

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