Karima Delli a Venaus: Verdi Europei incoerenti e pasticcioni

Premessa. Nel Libro bianco sui trasporti del 2011 la Commissione europea diceva della rilevanza e nocività delle emissioni dei gas serra, riconoscendo nel settore dei trasporti “una fonte primaria di inquinamento atmosferico” nonché di alti consumi energetici, congestione e incidentalità. Ne seguiva la proposta, poi approvata da una maggioranza plebiscitaria del Parlamento europeo, di “garantire i cambiamenti strutturali che consentano al trasporto ferroviario di competere efficacemente” con la strada sulle medie e lunghe distanze. Con impegno a trasferire su ferro prima il 30% e poi il 50% del trasporto merci.

Lo strumento essenziale per il raggiungimento dell’obiettivo fu definito nel 2013 con l’emanazione di due regolamenti (1315 e 1316) istituenti la rete ferroviaria centrale articolata in 9 corridoi (con ridisegno della Ten-T) e il piano di finanziamento CEF.

Un programma, dunque, che dopo decenni di primato incontrastato dell’autotrasporto avrebbe dovuto costituire ragione di tripudio per tutti gli ambientalisti. E infatti il Gruppo Verde/ALE lo sostiene… ma con riserva, essendo contrario ad alcuni grandi interventi infrastrutturali ritenuti troppo costosi e non indispensabili. Tesi già sostenuta nel 2013 dal presidente della commissione trasporti, il verde Michael Cramer, che peraltro si diceva disposto a scommettere dieci anni di stipendio sulla mancata ultimazione entro il 2030 dei tunnel del Brennero, di Fehmarnbelt e del Moncenisio.

Si potrebbe credere che una delle ragioni d’opposizione fosse l’impatto ambientale procurato da grandi opere. E invece no, perché Cramer tesseva gli elogi del tunnel ferroviario del Gottardo, auspicando che l’Italia abbandonasse il progetto dei propri tunnel per concentrare risorse sul corridoio Rotterdam-Genova, Terzo valico incluso. Con la paradossale proposta di una rete articolata in corridoi interoperabili e interconnessi in cui valgono tuttavia differenti regole per le varie articolazioni.

A metà giugno 2014, Presidio Europa diffondeva una dichiarazione di Cramer sull’improbabilità che l’UE concedesse alla NLTL il cofinanziamento del 40%. La notizia dilagava immediatamente sulla stampa nazionale e persino il prudentissimo “Sole24Ore” titolava “Da Bruxelles gelata sulla Torino-Lione. Cramer: «Poco probabile il cofinanziamento Ue al 40%»”. Sarebbe bastato seguire con un briciolo d’attenzione l’iter d’approvazione del programma CEF e conoscere i criteri convenuti per le erogazioni per capire che la concessione del finanziamento era una sorta di automatismo. Tant’è vero che nel 2015, a dimostrazione della scarsa attendibilità del nostro, si assegnava il finanziamento massimo alla NLTL e nulla al Terzo valico.

Poiché il progetto della rete centrale trovava fondamento in studi disposti dalla Commissione europea, Cramer, evidentemente non persuaso, si adoperava per l’approfondimento dello studio delle criticità di tre opere: tra cui la NLTL. Ricordo bene, per averla seguita in streaming, la riunione del 4 novembre 2014 in cui un rappresentante del team d’esperti illustrava il nuovo rapporto, riconoscendo sì i numerosi errori di percorso del progetto della Torino-Lione, ma anche ribadendo che: 1) la rilevanza dell’opera è data dall’essere parte della rete; 2) l’obiettivo primo della Ten-T è la rimozione dei “colli di bottiglia”; 3) i costi sono spalmati sui lunghi archi di tempo dalle fasizzazioni, con verifica della effettiva necessità o urgenza delle fasi successive al tunnel; 4) i rischi d’impatto ambientale possono essere limitati o del tutto eliminati (il rapporto è European Parliament, Update on Investiments in large Ten-T Projects, part. II-Case studies, 2014). Cramer, intristito, si limitava ad aggiungere qualche parola di circostanza.

Nella stessa seduta la commissaria Karima Delli rendeva a nome del Gruppo Verde una telegrafica dichiarazione. Evidentemente preparata in precedenza perché non teneva in alcun conto quanto emerso nel corso dei lavori (ai quali la commissaria aveva peraltro partecipato senza fare domande, critiche, controproposte). Ciò nonostante la dichiarazione era riscritta nella forma di uno sconnesso comunicato stampa che inopinatamente attribuiva le sue valutazioni alla Commissione (non chiaro se Europea o dei trasporti).

Fu così che nello stesso giorno un’agenzia francese titolava  “Bruxelles giudica  «sovradimensionato» il progetto TGV Lione-Torino. La Commissione europea ha formulato martedì davanti al Parlamento europeo delle critiche sul costo e l’impatto ambientale del progetto” (http://www.20minutes.fr/lyon/1474483-20141104-rhone-alpes-bruxelles-juge-surdimensionne-projet-tgv-lyon-turin ). Notizia farlocca, dunque, e tuttavia immediatamente ripresa da altre fonti d’informazione italiane e francesi.

Mi sono molto dilungato, ma quanto detto dovrebbe spiegare ampiamente la forte sensazione di déjà vu che ho provato leggendo le dichiarazioni che Delli, diventata a sua volta presidente della Commissione trasporti, ha rilasciato ieri nel corso dell’Altervertice Notav svoltosi a Venaus.

Leggo in notizia d’agenzia la sua richiesta ai governi italiano e francese di una “moratoria” sulla NLTL. E così mi chiedo perché lei, parlamentare europea, non l’abbia sostenuta più energicamente in sede UE, considerato che senza il cofinanziamento CEF il progetto non sarebbe decollato. Mentre il finanziamento alla NLTL è addirittura il terzo per entità in una lista di 270 progetti infrastrutturali (selezionati su 700) e la sua motivazione prima è proprio l’”alto valore aggiunto europeo”. Ma evidentemente anni di documenti programmatici, di studi affidati ai principali istituti di ricerca, di atti normativi… per Delli non contano.

Per contro, chissà mai perché, dovrebbero fare marcia indietro i due paesi che soltanto pochi mesi fa hanno tradotto in legge di Stato l’accordo per la realizzazione della NLTL.  Eppure Delli che è francese dovrebbe ben ricordare che nel 2013 la prima ratifica è avvenuta al Senato del suo paese con 334 voti favorevoli e i soli 13 contrari dei suoi compagni ecolò (curiosamente con motivazioni d’ordine ambientale da parte dei primi, d’ordine economico dei secondi).

Ma, come Cramer, Delli è più generosa di affermazioni sorprendenti che di spiegazioni. Così come quando

dice che “il progetto della Torino-Lione è vecchio” benché elemento nodale di una Ten-T appena riscritta e di una rete centrale appena istituita. O che “non corrisponde più alle necessità di questo momento storico, dove il trasporto merci è calato ed è diventata enormemente importante la questione climatica”. Sebbene una delle motivazioni europee sia proprio quella del contenimento delle emissioni climalteranti. E nonostante che il traffico “calato” sia stato nel 2016 di 42,4 mln/tonn di merci, con 2,8 milioni di TIR in transito ai confini italo-francesi. Traffico superiore a quello della stessa Svizzera che pure ha realizzato, su due assi, i 129 km di nuovi tunnel ferroviari cari a Cramer.

Ma Karima che ama sorprendere così conclude: “Noi non siamo oppositori: noi siamo propositivi. E la nostra soluzione è utilizzare l’esistente”. Chiederle come o perché a questa soluzione non siano pervenuti anni di ricerca è evidentemente un chiedere troppo.

Beppe Gillio

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